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DEMANSIONAMENTO A SEGUITO DI RISTRUTTURAZIONE AZIENDALE: NIENTE RISARCIMENTO
Nell’ipotesi di demansionamento dovuto a processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, al dipendente non spetta alcun risarcimento del danno da c.d. straining.
Così ha statuito la Corte di Cassazione, che nell’Ordinanza n. 2676 del 4 febbraio 2021 precisa che il c.d. “straining” è ravvisabile nelle sole ipotesi in cui il datore di lavoro adotti iniziative, dalle quali possano scaturire lesioni ai diritti fondamentali del dipendente, mediante condizioni lavorative “stressogene”.
BUONI PASTO ESENTI ANCHE PER I LAVORATORI IN SMART WORKING
L’Agenzia delle Entrate, con Risposta ad Interpello n. 956-2631/2020, chiarisce che il servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto, erogato in favore di lavoratori agili, non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera c del TUIR.
Conseguentemente, il datore di lavoro non è tenuto ad operare anche nei confronti dei lavoratori in smart working la ritenuta a titolo di acconto IRPEF, prevista dall’articolo 23 del DPR n.600/1973, sul valore dei buoni pasto fino a 4,00 euro, se cartacei, ovvero 8,00 euro, se elettronici.
COVID-19: prorogato al 31.01.2021 lo stato di emergenza
Il Consiglio dei Ministri ha prorogato al 31 gennaio 2021 lo stato d'emergenza per COVID-19. Con il D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, in vigore da oggi, sono state disposte le principali proroghe consequenziali a quella dello stato di emergenza.
A seguito di ciò, rimane fermo anche l'incentivo allo smart working per tutti i lavori che possano applicarlo, previsto dalle vigenti disposizioni.
Nello specifico, il Decreto-legge prevede lo slittamento al 31 ottobre 2020 dei termini entro i quali inviare le domande di accesso ai trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga collegati all'emergenza da COVID-19, nonché i termini per la trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, compresi quelli differiti in via amministrativa, già prorogati dal Decreto Agosto.
Tra le misure adottate, il Decreto-legge prevede l'obbligo di indossare la mascherina anche all'aperto, fatte salve alcune eccezioni. Le Regioni potranno adottare soltanto misure anti-contagio più restrittive di quelle disposte dai DPCM emanati dal governo.
Depenalizzazione di appalto e distacco illeciti In materia di appalto e distacco
In materia di appalto e distacco illeciti, la Corte di Cassazione ha chiarito che, a seguito dell’intervenuta depenalizzazione ad opera del D.Lgs n. 8/2016, gli stessi sono puniti con la sola sanzione amministrativa, mentre permane reato, punito con l’arresto, lo sfruttamento del lavoro minorile.
In particolare la Suprema Corte, con la Sentenza n. 43926 del 18 ottobre 2016, ha sottolineato che il decreto ha depenalizzato l’ipotesi base del reato di intermediazione illecita di manodopera per violazione delle disposizioni in tema di appalto e distacco (art. 18, comma 5-bis del D.Lgs n. 8/2016), fattispecie punite con la sola pena pecuniaria, e non anche l’ipotesi aggravata relativa allo sfruttamento dei minori.
Lavoro intermittente: illegittimo per le ragioni oggettive se il CCNL lo esclude
Il Ministero del Lavoro, con Parere del 4 ottobre 2016 n. 18194, si pronuncia in relazione alla legittimità del ricorso al lavoro intermittente nell'ipotesi in cui il contratto collettivo di categoria stabilisca il divieto di utilizzo di tale forma contrattuale in ragione della mancata individuazione delle ragioni e delle esigenze produttive che ne giustifichino l'applicazione.
Il Ministero, nel ricordare che l'art. 13 del D.Lgs n. 81/2015 demanda al contratto collettivo l'individuazione delle esigenze organizzative e produttive con riferimento alle quali possono svolgersi prestazioni di lavoro intermittente, riconosce che le parti sociali, nell'esercizio della loro autonomia contrattuale, possono stabilire, non rinvenendo le predette esigenze, il divieto di utilizzo di tale forma contrattuale. In tali casi, resta comunque legittimo il ricorso al lavoro intermittente nel caso in cui sussistano i requisiti soggettivi (meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e più di 55 anni).
Tutto ciò implica che la violazione delle clausole contrattuali che escludano il ricorso al lavoro intermittente determina, laddove non sussistano i requisiti soggettivi, l'assenza delle condizioni legittimanti l'utilizzo di tale forma contrattuale e la conseguente conversione in rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato.